il popolo dell'acqua chiama il Consiglio comunale a non tradire la volontà dei cittadini
Nel giorno della grande manifestazione che in Valsusa confermava la volontà popolare di opposizione al progetto dell'alta velocità “Torino-Lione”, nell'antica Piazza delle Erbe di Torino di fronte al municipio si è svolto anche un importante presidio-manifestazione in difesa dell'acqua pubblica, dove alcune centinaia di persone sfidavano il freddo polare dei giorni della “Merla” per dar vita a un allegro, rumoroso e creativo sit-in che gridasse a una sola voce al Consiglio comunale: approvate la delibera popolare per l'acqua pubblica nello Statuto della Città di Torino! |
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In queste settimane si è compiuto un piccolo miracolo. Sì, in quale altro modo potremmo chiamare l'inusitata e repentina attenzione che stampa e televisioni hanno dedicato alla privatizzazione dell'acqua, sancita come quasi obbligatoria dal decreto legge 135 /2009 (articolo 15) convertito in legge col voto di fiducia concesso dalla Camera il 19 Novembre scorso? |
Oggi con il voto di fiducia alla Camera dei Deputati si è concluso l'esame del decreto 135/09 il cui Art. 15 sancisce la definitiva e totale privatizzazione dell'acqua potabile in Italia. Il Governo impone per decreto che i cittadini e gli Enti Locali vengano espropriati di un diritto e di un bene comune com'è l'acqua per consegnarlo nelle mani dei privati e dei capitali finanziari. Ciò avviene sotto il falso pretesto di uniformare la gestione dei servizi pubblici locali alle richieste della Commissione Europea mentre non esiste nessun obbligo e le modifiche introdotte per sopprimere la gestione “in house” contrastano con i principi della giurisprudenza europea. |
Il Governo ha appena emanato un decreto legge che riesce a peggiorare l’Art. 23 bis della Legge Finanziaria, già contrario all’Europa e alla Costituzione, il quale impone ai Comuni di privatizzare tutti i Servizi Pubblici Locali gestiti con Società di diritto privato (SpA, Srl ecc.). Nel colpevole silenzio dei media, viene imposta una normativa che nei fatti indebolisce le autonomie locali - in barba al tanto sbandierato federalismo - e i diritti dei cittadini. Questo mentre a Parigi si procede a ripubblicizzare l’acqua per rimediare ai disastri della gestione privata. Quali interessi asseconda questo articolo che spiana la corsa di banche e multinazionali verso l’oro blu? Non certo quelli dei cittadini, che infatti ovunque si mobilitano per difendere l’acqua ed impedire che divenga preda del mercato. Ringrazia invece Confindustria che da tempo chiedeva la definitiva privatizzazione dei servizi pubblici locali, per garantire ai suoi associati facili guadagni in un settore poco esposto alla concorrenza. |
Vittoria dell' offensiva condotta negli ultimi mesi da multinazionali e lobby Preoccupante arretramento del Parlamento europeo sulla privatizzazione delle risorse idriche. Solo tre anni fa aveva varato, sulla spinta delle grandi mobilitazioni a difesa dell’acqua come bene comune, una risoluzione che all’articolo 1 recitava: «il Parlamento europeo, dichiara che l'acqua è un bene comune dell'umanità e come tale l'accesso all'acqua costituisce un diritto fondamentale della persona umana; chiede che siano esplicati tutti gli sforzi necessari a garantire l'accesso all'acqua alle popolazioni più povere entro il 2015». |
Note minime per una teoria giuridica dei beni comuni Prof. Alberto Lucarelli - Ordinario di Diritto Pubblico Università di Napoli Federico II Gli "attacchi" continui allo Stato sociale, il progressivo deterioramento e depauperamento delle risorse comuni, la "privatizzazione" dei beni pubblici (dismissione e gestione privatistica) ed il conseguente indebolimento dei diritti fondamentali ad essi riconducibili, rende sempre più necessaria una riflessione giuridica sui beni comuni o risorse comuni. Finché lo Stato ha gestito i beni pubblici di sua proprietà ed ha avuto un ruolo dominante nella gestione dei servizi pubblici essenziali, non risultava, pur con i limiti di frequenti mala gestio dal carattere clientelare, l'immediata necessità di distinguere i beni comuni dai beni pubblici. Il problema sorge allorquando la gestione passa progressivamente a soggetti privati e alle istituzioni pubbliche rimane unicamente la mera titolarità del bene. |
Ogni tanto ce ne ricordiamo quando vediamo in televisione, nei documentari, le donne africane fare chilometri ogni mattina con le giare fino al pozzo o, più in piccolo ma sulla nostra pelle, quando ci manca l'acqua in casa per qualche ora. Eppure non c'è dubbio che tutte le meraviglie tecnologiche di cui ci riempiamo la casa ci apparirebbero immediatamente come superflue chincaglierie se non disponessimo più di acqua corrente per bere, cucinare, lavarci e lavare. Acqua corrente e potabile, come dovremmo ricordare sempre prima di comperare chili di minerale costosa, meno salubre ed inquinante. |
Dalla Puglia di Nichi Vendola una proposta al Governo per garantire il diritto alla fruizione dei beni comuni. Riccardo Petrella è ormai un nome di primissimo piano in campo scientificoambientalista, e lo sta diventando – giustamente – sul piano politico. Fondatore del Comitato internazionale per il Contratto mondiale sull’acqua e dell’Università del bene comune, è stato chiamato dal presidente della Regione Puglia Nichi Vendola alla guida dell’Ente acquedotto pugliese. |
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