«Sono per la difesa della vita - ha detto Cota - e penso che la pillola abortiva debba essere somministrata quanto meno in regime di ricovero». Ma quindi quelle pillole che la Bresso aveva ordinato e che sono già arrivate in Piemonte, rimarranno nei magazzini?», la risposta è: «Eh sì, per quanto potrò fare io sì».
Così, da oggi le farmacie ospedaliere (perché, checché ne dica Cota, il consiglio superiore della sanità ha già stabilito che l'aborto farmacologico potrà essere procurato solo con ricovero ospedaliero) potranno avviare la procedura per richiedere la pillola, e già il percorso della Ru486 in Piemonte potrebbe incontrare lo stop della regione. Almeno così si è affrettata a confermare l'ineffabile sottosegretario Eugenia Roccella: «Nonostante l'Agenzia Italiana del Farmaco abbia autorizzato l'immissione in commercio a livello nazionale della pillola, tecnicamente i presidenti delle regioni potrebbero rallentare o anche impedire che il farmaco arrivi negli ospedali non facendolo introdurre nel prontuario regionale». «Tecnicamente», cioè, un'istituzione dello stato si rifiuta di applicare le decisioni di un'altra istituzione dello Stato. Un capolavoro di ipocrisia. E infatti, Roccella è costretta ad aggiungere: «Tuttavia va detto che, in un'eventualità del genere, si aprirebbe poi un problema con l'Aifa, dal momento che il prontuario nazionale è il suo». Ma guarda un po'. E tutto per compiacere qualche vescovo.
Qualcuno dovrebbe dire a Cota e Roccella che in Italia c'è una legge, la 194, che disciplina il ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza; il farmaco di cui si parla ha ottenuto l'autorizzazione alla distribuzione sul territorio nazionale; infine, nel nostro Paese è garantita la libertà terapeutica. «Tutto il resto sono chiacchiere inutili».
Cile54
01/04/2010
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