la vita dei soci lavoratori, sfruttati e precarizzati dai soci padroni
Perchè i lavoratori delle cooperative sociali non riescono a difendere i loro diritti per la loro dignità di persone, di lavoratori? Mancanza di interesse? Krumiraggio spinto? Competizione tra poveri? Paura del padrone? Nulla di tutto questo. La stragrande maggioranza non non se la sente di abbandonare studenti, portatori di handicap, prostitute minorenni, tossici, adolescenti devianti e compagnia, e questa inibizione al diritto costituzionale è ancora più pesante per le lavoratrici e i lavoratori migranti, perché anche un solo giorno di buco con questi soggetti deboli può avere effetti devastanti, creare sfiducia, interrompere rapporti consolidati. E' difficile spiegare ad un adolescente che si buca, orfano o violento che tu quel giorno non ci sei perché fai sciopero. Il rischio è che quello ti guardi e pensi che sei uno che lo abbandona come tutti gli altri.
Le fregatura sta tutta in quella dicitura "cooperativa sociale". "Cooperativa" ricorda qualcosa dei bei tempi andati, per non parlare poi di "sociale". Un vero pacco per chi ci crede ancora, per chi pensa che creare ricchezza non significhi ammucchiare soldi, ma sia un qualche cosa che ha a che fare con il benessere collettivo.
Un lavoratore di coop sociale all’atto del’assunzione si sente dire all'atto dell'assunzione “facciamo tutti la fame in questo settore, è una missione. Maledetta storia della missione.... Peccato però che dietro noi "missionari" non ci sia la Chiesa e i suoi tesori ma lo stato Italiano, sempre più sgangherato, sempre più desideroso di buttare a mare il welfare state. Le cooperative sociali non sono altro che ditte appaltatrici e subappaltatrici che si spolpano in un gioco al massacro i servizi sociali che lo Stato esternalizza. Si può restare Cocopro per anni senza che mai nessuno si degni di proporti uno straccio di contratto regolare. La scusa è sempre la solita: non ce la facciamo, siamo strozzinati dagli enti appaltatori che non danno soldi. Il che poi non è una scusa, anzi. E allora avanti con partite Iva fittizie, pagamenti a prestanome (fratelli, sorelle, padri...) se sfori i cinquemila euro di reddito. Molto gettonati sono anche i pagamenti con rimborsi benzina, dato che non sono tassati. Ogni tanto qualcuno fa una vertenza, la vince (quattro spiccioli) ma poi perde il posto e buonanotte. E poi c'è il problema del farsi soci. Alcune cooperative sociali impongono quote stratosferiche (due-tremila euro) di cui una parte è a fondo perduto. L'educatore delle cooperative sociali, o un qualsiasi dipendente che in esse opera, non è altro che l'ultimo anello di una catena tirata allo spasimo. In mezzo ci sono loro, i padroni delle cooperative, gente che magari ha fatto il sessantotto e che si è inventata un'attività economica in un tempo in cui essere operatori nel sociale era riconosciuto come un valore. Oggi che non lo è più, si trovano in una situazione in cui devono coprire servizi che richiedono personale che lavori un giorno sì, tre no, due ore in una città, mezza giornata in un'altra... "Non possiamo fare altrimenti..." sembra quasi di sentirli. Eppure non esitano ad accettare la logica del subappalto selvaggio, forse consapevoli che lo sfruttamento dell'ultimo anello darà sempre un minimo di vantaggio per tenere insieme la baracca. Cosa chiedono quindi i lavoratori delle cooperative sociali ai loro responsabili? Domandano di non accettare più il gioco al massacro che i committenti privati e pubblici impongono. In alcuni casi certi servizi vengono pagati con la stessa cifra del 2001: "Eh ma ci sarà sempre qualcuno che preso alla gola parteciperà alla gara d'appalto, magari anche qualche ditta straniera." Questa la risposta. Ed è vero, purtroppo. Il futuro non si prospetta affatto roseo ed i Cocoprò attuali fra qualche anno saranno forse ricordi di un periodo dorato. La prospettiva è che la figura dell'educatore venga prima o poi sostituita da quella dello stagista o del ragazzotto del servizio civile. Costano meno, hanno grandi speranze e soprattutto sono a scadenza come le lattine di pomodori. In bacino inesauribile che risponde alla mono esigenza di molte cooperative: turn over continuo, alla faccia della qualità del servizio.
In tutto questo schifo sopravvivono alcune cooperative che tengono duro, che appena possono il lavoratore lo assumono, gli forniscono una formazione professionale, insomma che fanno il loro dovere, o addirittura ci credono. Ecco queste sono quelle che rischiano di sparire prima di tutte le altre. Sono quelle in cui i soci (assunti) si riducono lo stipendio perché nessuno venga licenziato (precari compresi), quando non c'è lavoro. Queste cooperative sono spacciate e dopo di loro arriveranno squali che non pagano straordinari, che fanno mobbing verso chi alza la testa e tutto il restante campionario di squallore. Uno squallore cooperativo e sociale. Non di meno è squallido e paradossale quando si verificano in certi settori come la sanità, episodi di maltrattamenti, sfruttamento e mobbing contro questi precari, da parte di altri lavoratori stabili, incaricati a “visionare” la prestazione d’opera di queste “cooperative sociali”. Stabili e miserabili!
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